MASSAGGIO METAMORFICO
La Tecnica Metamorfica fu intuita alla fine
degli anni '50 da Robert St. John, naturopata
inglese. Uomo dotato di una capacità intuitiva straordinaria, egli studiò a
fondo le diverse scuole di Riflessologia; dopo diversi anni di esperienza, si
creò una sua mappa personale dei punti riflessi dei piedi, rendendosi conto di
come siamo noi stessi a creare gli stress e i blocchi responsabili delle nostre
malattie.
Nel suo lavoro di naturopata, egli constatò
che due schemi di base influenzano la nostra vita: lo Schema
Afferente
(che si muove verso l'interno) e lo Schema Efferente (che si muove
verso l'esterno). Egli adottò questi due termini dai suoi studi, e come esempio
estremo riportò da un lato le persone che si estraniano dalla vita (estremo
afferente), e dall'altra le persone che si tuffano nell'azione con troppo
entusiasmo (estremo efferente).
Osservò che, quando egli toccava il punto
del tallone, in caso di blocchi o squilibri in
quella zona, le persone che ricevevano il massaggio, cominciavano ad esprimere difficoltà
nel rapporto con la madre, nel prendersi cura degli altri, nel nutrire ed
essere ricettivi; mostravano inoltre scarso radicamento, ovvero stentavano
ad "avere i piedi per terra".
In
base a queste esperienze Robert St. John definì il tallone, il Principio
Materno.
Robert
si domandò se fosse possibile rintracciare nel corpo, anche un Principio
Paterno.
Ogni volta che, incontrandovi dei blocchi,
massaggiava la prima articolazione dell'alluce, constatò che i riceventi mostravano
problemi legati al padre, all'autorità in genere e alla
difficoltà di esprimere le proprie qualità paterne, come pure
problemi a concedersi il diritto di essere se stessi e persino di esistere.
Ne dedusse allora che se nella prima
giuntura dell'alluce si trova riflesso il Principio
Paterno,
e cioè il momento del concepimento in cui il padre è più attivo, e sulla parte
interna del tallone il Principio Materno, ovvero il momento
della nascita in cui la madre è più attiva, il percorso fra questi due punti
riflette il periodo della Gestazione.
Il lavoro su questa zona venne pertanto
definito Terapia Prenatale.
E fu in seguito ad un'attenta osservazione
e all'ampia esperienza maturata in questo lavoro che, con una sottile
intuizione, arrivò ad individuare nel Principio di
Autoguarigione
l'unica forma di guarigione definitiva.
Giunse alla conclusione che questa Tecnica
lavora:
-nel rispetto della libertà interiore altrui,
-senza interferenze,
-ne indirizzi provenienti dall'esterno,
-permettendo alla Forza Vitale della persona di muoversi e di fluire
autonomamente per ritrovare la propria piena potenzialità di fondo che è la
vita.
Fu
a partire da questa presa di coscienza che la Terapia Prenatale prese il nome di:
Metamorfica.
La pratica:
La ragione per cui nella Tecnica
Metamorfica si toccano testa, mani e piedi è che questa tre
aree di comunicazione con l'esterno corrispondono alle tre azioni
primarie:
pensiero,
azione e movimento.
Ciò
spiega perché nella Tecnica Metamorfica si lavora specialmente sui piedi: il
nostro avanzare nel mondo parte da essi che corrispondono alla qualità
essenziale del movimento e sono espressione del nostro radicamento della vita.
Cominciando
dunque da essi, la pratica prosegue con le mani (azione) e la testa (pensiero).
La
durata delle sedute è di venti minuti per piede, dieci minuti per mano, cinque
minuti per la testa.
La
frequenza è di una volta la settimana con persone che conducono una vita
attiva. Sui bambini sono sufficienti dieci minuti al giorno.
Il Distacco
In questo lavoro è di primaria importanza
che il praticante abbia ben chiaro qual è il proprio ruolo nel processo di
metamorfosi: quello di catalizzatore.
Facciamo un parallelo con ciò che accade in
natura, quando, per esempio, la ghianda cade dalla quercia e viene in contatto
con la terra, il suo catalizzatore. Non è la terra a far sì che la ghianda
diventi quercia, ma è la forza vitale, la vita stessa della ghianda, a
consentire la trasformazione.
Nella
Tecnica Metamorfica, dunque, il praticante deve fungere da
catalizzatore, e quanto meno è coinvolto, tanto più
è un buon catalizzatore.
Non
è lì per fare diagnosi,
nè per far guarire o provocare un cambiamento,
nè per far guarire o provocare un cambiamento,
pertanto,
durante il trattamento, deve assumere un atteggiamento distaccato :
il
distacco infatti è una forma sottile di presenza.
Queste qualità di distacco e compassione si
possono notare nei genitori quando osservano il loro bambino che impara a
camminare: il bambino si alza in piedi, comincia a camminare, poi cade
ripetutamente. Se essi si precipitassero ad aiutarlo non imparerebbe mai a
farlo da sè.
I genitori sanno che il bambino ha la
capacità di camminare, sanno pure che devono lasciarlo imparare a suo modo,
anche se desiderano aiutarlo; si fanno da parte e rimangono distaccati pur
sentendo grande amore e compassione.
Abbiamo ripetutamente osservato che la
pratica all'interno del gruppo famigliare è di particolare efficacia. Ciò potrà
forse stupire, in quanto i genitori tengono ad avere difficoltà ad essere
distaccati, soprattutto se il figlio è portatore di qualche handicap.
Eppure, avendo i genitori un così stretto
legame genetico con i figli, è come se disponessero di speciali doti intuitive:
quando toccano i piedi dei loro figli, le loro dita vengono in qualche modo
guidate dalla conoscenza fornita loro dalle proprie cellule