giovedì 23 luglio 2009

Massaggio metamorfico



 MASSAGGIO METAMORFICO

La Tecnica Metamorfica fu intuita alla fine degli anni '50 da Robert St. John, naturopata inglese. Uomo dotato di una capacità intuitiva straordinaria, egli studiò a fondo le diverse scuole di Riflessologia; dopo diversi anni di esperienza, si creò una sua mappa personale dei punti riflessi dei piedi, rendendosi conto di come siamo noi stessi a creare gli stress e i blocchi responsabili delle nostre malattie.
Nel suo lavoro di naturopata, egli constatò che due schemi di base influenzano la nostra vita: lo Schema Afferente (che si muove verso l'interno) e lo Schema Efferente (che si muove verso l'esterno). Egli adottò questi due termini dai suoi studi, e come esempio estremo riportò da un lato le persone che si estraniano dalla vita (estremo afferente), e dall'altra le persone che si tuffano nell'azione con troppo entusiasmo (estremo efferente).

Osservò che, quando egli toccava il punto del tallone, in caso di blocchi o squilibri in quella zona, le persone che ricevevano il massaggio, cominciavano ad esprimere difficoltà nel rapporto con la madre, nel prendersi cura degli altri, nel nutrire ed essere ricettivi; mostravano inoltre scarso radicamento, ovvero stentavano ad "avere i piedi per terra".

In base a queste esperienze Robert St. John definì il tallone, il Principio Materno.

Robert si domandò se fosse possibile rintracciare nel corpo, anche un Principio Paterno.

Ogni volta che, incontrandovi dei blocchi, massaggiava la prima articolazione dell'alluce, constatò che i riceventi mostravano problemi legati al padre, all'autorità in genere e alla difficoltà di esprimere le proprie qualità paterne, come pure problemi a concedersi il diritto di essere se stessi e persino di esistere.

Ne dedusse allora che se nella prima giuntura dell'alluce si trova riflesso il Principio Paterno, e cioè il momento del concepimento in cui il padre è più attivo, e sulla parte interna del tallone il Principio Materno, ovvero il momento della nascita in cui la madre è più attiva, il percorso fra questi due punti riflette il periodo della Gestazione.

Il lavoro su questa zona venne pertanto definito Terapia Prenatale.

E fu in seguito ad un'attenta osservazione e all'ampia esperienza maturata in questo lavoro che, con una sottile intuizione, arrivò ad individuare nel Principio di Autoguarigione l'unica forma di guarigione definitiva.

Giunse alla conclusione che questa Tecnica lavora:
-nel rispetto della libertà interiore altrui,
-senza interferenze,
-ne indirizzi provenienti dall'esterno,
-permettendo alla Forza Vitale della persona di muoversi e di fluire autonomamente per ritrovare la propria piena potenzialità di fondo che è la vita.
Fu a partire da questa presa di coscienza che la Terapia Prenatale prese il nome di:
Metamorfica.
 La pratica:
La ragione per cui nella Tecnica Metamorfica si toccano testa, mani e piedi è che questa tre aree di comunicazione con l'esterno corrispondono alle tre azioni primarie:
pensiero, azione e movimento.
Ciò spiega perché nella Tecnica Metamorfica si lavora specialmente sui piedi: il nostro avanzare nel mondo parte da essi che corrispondono alla qualità essenziale del movimento e sono espressione del nostro radicamento della vita.

Cominciando dunque da essi, la pratica prosegue con le mani (azione) e la testa (pensiero).

La durata delle sedute è di venti minuti per piede, dieci minuti per mano, cinque minuti per la testa.

La frequenza è di una volta la settimana con persone che conducono una vita attiva. Sui bambini sono sufficienti dieci minuti al giorno.

Il Distacco
In questo lavoro è di primaria importanza che il praticante abbia ben chiaro qual è il proprio ruolo nel processo di metamorfosi: quello di catalizzatore.

Facciamo un parallelo con ciò che accade in natura, quando, per esempio, la ghianda cade dalla quercia e viene in contatto con la terra, il suo catalizzatore. Non è la terra a far sì che la ghianda diventi quercia, ma è la forza vitale, la vita stessa della ghianda, a consentire la trasformazione.

Nella Tecnica Metamorfica, dunque, il praticante deve fungere da catalizzatore, e quanto meno è coinvolto, tanto più è un buon catalizzatore.

Non è lì per fare diagnosi,
nè per far guarire o provocare un cambiamento,

pertanto, durante il trattamento, deve assumere un atteggiamento distaccato :

il distacco infatti è una forma sottile di presenza.

Queste qualità di distacco e compassione si possono notare nei genitori quando osservano il loro bambino che impara a camminare: il bambino si alza in piedi, comincia a camminare, poi cade ripetutamente. Se essi si precipitassero ad aiutarlo non imparerebbe mai a farlo da sè.

I genitori sanno che il bambino ha la capacità di camminare, sanno pure che devono lasciarlo imparare a suo modo, anche se desiderano aiutarlo; si fanno da parte e rimangono distaccati pur sentendo grande amore e compassione.

Abbiamo ripetutamente osservato che la pratica all'interno del gruppo famigliare è di particolare efficacia. Ciò potrà forse stupire, in quanto i genitori tengono ad avere difficoltà ad essere distaccati, soprattutto se il figlio è portatore di qualche handicap.

Eppure, avendo i genitori un così stretto legame genetico con i figli, è come se disponessero di speciali doti intuitive: quando toccano i piedi dei loro figli, le loro dita vengono in qualche modo guidate dalla conoscenza fornita loro dalle proprie cellule